12.12.06

Le trasferte di lavoro -parte 1

Sono di ritorno da Le Havre, per una tre giorni che si e' trasformata in una quattro giorni per i motivi che spieghero' in seguito, e l'altra sera mi sono ritrovato nella condizione di trovare un posto dove cenare in un luogo dove non sono mai stato, il tutto ovviamente da solo.

E, come sempre, si ripete lo stesso cliche': io che parto stanco dall'hotel, mi faccio un giro esplorativo della zona, e invariabilmente finisco per trovare il locale adatto.

Tale luogo deve avere caratteristiche ben definite: intanto, evito come la peste i locali che nel menu' hanno roba che si chiama "Lasagne", "Fettuccini", "Risotto", o che propongono improbabili "Pesto Genovesi", "Ragu' Bologna" e compagnia andante.

Poi -dato che sono solo- non mi va di infilarmi in posti superaffollati con effetti psichedelici (beh, in realta' 'sti posti li evito sempre...).

Infine, per calarmi almeno qualche decina di minuti nell'atmosfera del luogo, il locale deve essere con tutta evidenza frequentato quasi esclusivamente da autoctoni, meglio se un po' su con gli anni, sbevazzoni e fumatori.

Ecco, l'altra sera a Le Havre ho beccato un posto che rappresenta quasi la summa dei locali da trasferta. Posizione centralissima, sulla piazza del teatro battuta da un mistral assassino, accanto a un locale chiuso ed a un altro strapieno di avventori ben vestiti. Questo, invece, aveva un solo consumatore al suo interno, sicuramente conosciutissimo dai proprietari: tavolo prenotato, consumazioni cosi oramai standard che quando il tipo finiva un piatto arrivava la cameriera col successivo, sigarette una via l'altra.
E quando se ne e' andato, lasciandomi cosi' solo nel ristorante, mi ha pure salutato...

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