12.4.11

Farewell, Giancarlino. E non smettere mai di sorridere ...

Sabato sera, dopo la partita che ha sancito la permanenza in serie A1 (mica la lega degli sbucciabanane!) delle mie biNbe, me ne sono andato bello carico di adrenalina a riprendere uno dei figli che era a cena a casa di amici. E' stato inevitabile raccontare le emozioni dello spareggio vinto di tre, con le napoletane che hanno buttato via alla cazzo di cane  due azioni nell'ultimo mezzo minuto, e quindi di li' spaziare parlando di basket a 360°. Cioe', io parlavo e i miei amici ascoltavano.


Finche' a un certo punto si e' andati a parlare di basket maschile, e di come la squadra degli uomini della mia citta' faccia schifo al majale (con tutto il rispetto per il majale, sia chiaro) in ogni reparto, dai raccattapalle all'allenatore.
E di come anche il tifo sia diverso, con i supporters degli uomini molto vicini al livello delle bestie, tanto che un mesetto fa il campo e' stato squalificato per quattro giornate, e alcuni giocatori per tre, grazie ad una -come dire?- morbosa attenzione del palazzetto tutto nei confronti degli arbitri. Attenzione testimoniata da sputi, spintoni e -soprattutto- lancio di bottiglie d'acqua piene come se fossero coriandoli a Carnevale.
Ecco, ho iniziato a rammentare quell'episodio, e di come io l'avessi vissuto con distacco ascetico -m'importaunasega infatti di quella squadra di improbabili cestisti-, ma dalla primissima fila, impegnato in amabile conversazione con Giancarlino, distinto e gioviale signore settantenne nonche' padre di una mia vecchia amica. La scena era veramente surreale, se si considera che l'amica ha poi sposato il Presidente della suddetta squadra di basket e affermato professionista locale. Presidente a sua volta in primissima fila a promettere massaggi non propriamente Thailandesi ai due ometti in grigio, i quali alla fine sono stati scortati a casa dalla Polizia. Insomma: c'ero io che imploravo Giancarlino di venire a vedere le biNbe, almeno una volta, e di lasciare stare quei cazzoni ignoranti, e lui che scuoteva la testa sorridendo, dicendomi che avrebbe provato, ma che inderogabili impegni familiari lo costringevano comunque a seguire la squadra del genero.
Tutte le partite dei cialtroni che ho visto si sono concluse con noi due che si commentava la partita scherzando, con veloci saluti alla figlia se presente, e con fugaci pacche sulle spalle del Presidente nel caso -sometimes miracles happen- la sua squadra avesse vinto.

Di Giancarlo posso anche rammentare un incontro di questa estate, una calda sera in cui io, mia moglie e nostra figlia siamo andati a sentire i tangos di Piazzolla suonati da Fabio e dai suoi amici. Chitarra, violino e fisarmonica per una splendida serata di musica, nella quale incontriamo Giancarlo e sua moglie, venuti appositamente pure loro a sentire Fabio che scopro essere amico comune. Brevi convenevoli, complimenti alle rispettive mogli e buffetto alla nostra bimba, poi si va a parlare di sua figlia e dei nipoti. Rimane per me indelebile il ricordo di Giancarlo che rammenta come il primo dei tre si chiama... "Giovanni, come il nonno cattivo" (ovviamente, l'altro nonno). Le ultime parole sussurrate con una risata quasi mefistofelica, e poi "per il nome del secondo m'avevano proposto "Giancarlo", ma see, io non ho mica voluto..." detto con un serio distacco da Lord britannico.

Comunque, come si sara' gia' capito, alla fine del mio monologo sul basket, e di come fossero brave le biNbe, e di quanto facessero schifo i maschi il mio interlocutore m'ha avvertito che Giancarlino era morto una settimana prima, stroncato da un infarto imprevisto e imprevedibile in una tiepida notte di marzo, mentre era solo in casa.

E' stata una doccia fredda, che ha rovinato la festa per la vittoria sul campo. Soprattutto perche' Giancarlino era una delle persone piu' vive e vitali che io abbia mai conosciuto. Quando eravamo al liceo era l'unico genitore che -con la scusa di controllare la figlia- veniva a sciare con noi e non restava mai indietro, uno che riusciva a ridere della vita nonostante questa fosse stata tremenda con lui e la sua famiglia.

Uno che quando ti incontrava innescava immediatamente un dialogo che non era mai di convenevoli triti e forzati. Una bella persona, veramente.
Che e' morta non vedendo nemmeno una partita delle mie biNbe.

E mi fa incazzare, il fatto che sia morto cosi', anche perche' sono sicuro che a veder giocare le donne si sarebbe divertito alla grande, e i suoi occhi avrebbero riso. Addio, Giancarlo: sara' per la prossima.


Barney

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